Il Signor Tappabuchi: Professore 2.0


Questo è il terzo racconto su Gerolamo Tappabuchi.
Il primo: Il Signor Tappabuchi: elogio alla lettura ad alta voce (e a Daniel Pennac).
Il secondo: Il Signor Tappabuchi e i Nativi Digitali.

Buona lettura.


Professore 2.0





Per la prima volta nella mia vita ho passato le vacanze di natale consapevole che il sette gennaio, dopo la pausa natalizia, sarei tornato a lavorare con assoluta certezza: niente Ufficio Supplenze né lunghi periodi di snervante attesa per ricevere una sua chiamata.
Torno a lavorare, punto.
Che gioia: anch’io, finalmente, ho potuto sollazzarmi sui social pubblicando sulla mia bacheca le più banali e ovvie constatazioni di come, ad esempio,  le ferie passino veloci, di come si sta meglio a casa, la noia nel riprendere il lavoro, la solita routine,  tornare in classe e affrontare compiti, assemblee, riunioni e impegni vari.
Cazzate: in realtà sono felice come non mai perché per la prima volta ho potuto “sperperare” rifornendo una credenza che da sempre mi guarda con disprezzo e commiserazione. Ho anche cucinato arrosto per la Vigilia, evitando la classica bistecca preconfezionata presa al bancone del solito discount. E Per finire, ciliegina sulla torta, ho voluto esagerare alzando a una temperatura “umana” il riscaldamento di casa.
Crepi l’avarizia, diamine, ho un lavoro ora!
Un incarico fino a giugno.
Sono un insegnante!
Be’ sì, fino a giugno ma per ora lo sono a pieno titolo.
Gerolamo Tappabuchi, professore trentacinquenne di lettere e storia in un Istituto Superiore della propria città! Ah… Come suona bene, mi piace, sì!
Mentre mi crogiolo in questi pensieri, abbandonato sul vecchio divano in pelle di casa, continuo a navigare su facebook incrociando per puro caso il post di un certo Alessio M.T.
Lo leggo e scopro che questo tizio sta a capo del gruppo aperto “LA SCUOLA AGLI INSEGNANTI” che rivendica maggiori diritti e garanzie per la professione dell’insegnante e promuove un approccio educativo contrario al dialogo con le famiglie: l’insegnamento dev’essere all’antica, il maestro parla e l’alunno tace, la famiglia deve rimanere fuori dalle questioni scolastiche e la tecnologia ma soprattutto il web son visti come “l'origine di ogni male, colpevoli di aver sminuito il ruolo del professore”.
Secondo Alessio M. T. l’unica fonte autorevole di sapere all’interno della comunità è l’insegnante stesso mentre il web ha posto quest’ultimo ai suoi confini, esponendolo alla mercé di genitori e alunni che, nella rete, si divertono a ridicolizzare la scuola e la sua figura.
Infine Alessio M.T.  propone deliranti referendum anti-web, perché quest'ultimo venga lasciato fuori dai programmi e percorsi didattici, per arginare fenomeni come quello del bullismo, che secondo lui nella rete trovano origine alimentandosi dell'uso che i giovani ne fanno.
Ho riso di gusto e senza pensarci tanto su ho risposto con: ”Curioso che tale lotta contro il web venga fatta proprio sul web. La coerenza è come l’ironia: entrambe sinonimo di intelligenza che, in questo caso, scarseggia.”
Dovremo far attenzione a quando clicchiamo su “invia” perché quello che scriviamo in rete viene gettato in pasto al mondo e non possiamo sapere cosa accadrà poi. Potrebbe disperdersi nel nulla come colpire e ferire profondamente nell’orgoglio il nostro occasionale interlocutore che, sicuramente, se la legherà al dito e per questo, poi, pagarne le conseguenze caso mai la vita si divertisse nel farci incrociare i suoi passi.







Il sette gennaio arrivo puntuale a scuola, un’ora prima dell’inizio delle lezioni perché mi attende il Preside per un colloquio. La mia assunzione, seppur a tempo determinato, l’ho sbrigata all’Ufficio Supplenze ma il tête-a-tête  con il “capo” è un passaggio obbligatorio per passare dal precariato alla certezza di avere una cattedra tutta mia, sì lo so, anche se fino a giugno.
Avevo avuto con lui un brevissimo incontro il mio primo giorno di supplenza, incrociato per un breve attimo il suo Vice del quale, sinceramente, non riserbo ricordo, neanche rammento il suo nome. 
Busso alla porta della presidenza e dopo qualche attimo una voce bassa e rauca mi invita ad entrare. Al di là della soglia, in una stanza che ha visto i suoi giorni migliori durante i bombardamenti incrociati di chissà quale conflitto, mi accoglie un anziano signore ricurvo tra libri e registri. Doveva essere già vecchio quando la prima bomba sfiorò l’edificio.
“Gerolamo Tappabuchi… bene, bene. Si accomodi.” E nel dire ciò mi indica una seggiola, una di quelle in legno chiaro vista milioni di volte in una qualsiasi classe di questo Paese.
Prendo posto. La sensazione è sempre la stessa: la sedia è fredda e dura. Ha inizio l’eterno balletto per trovare una posizione comoda, sfida che non mi ha mai visto vincitore. Cerco di non incrociare le braccia né di accavallare le gambe perché da qualche parte ho letto che è un implicito segnale di chiusura verso l’interlocutore. Opto per la posizione “schiena dritta, mani sulle ginocchia” che fa tanto persona seria e diligente.
“Tappabuchi…” segue una pausa imbarazzante dove il Preside mi studia da sotto le sue spesse e folte sopracciglia “Ero curioso di parlarLe! E così è Lei l’origine della piccola rivolta, eh?”
Io rimango in silenzio. Ho già avvicinato le ginocchia in quel che è un inizio di chiusura verso il mondo, perché percepisco già l’odore del mio sudore.
No cazzo, mi sarò ricordato di usare il deodorante stamani?
“La cosa mi ha lasciato… sconcertato.”  continua a parlare e mentre lo fa, dal cassetto, tira fuori un raccoglitore pieno di schede.
 Il Preside, evidentemente, non è uno di quelli  che si è piegato alla odierna tecnologia. Inizia a sfogliare, umettando di tanto in tanto l’indice. Si sofferma poi su una scheda con una foto. Son le iscrizioni degli alunni della mia classe e riconosco il nome e il volto di Mister Iphone.

Tommaso Macchiavelli, ragazzo dotato di un Q.I. eccezionale, portato per l’informatica, non ha mai dimostrato interesse verso la scuola. Anzi, pare che tale disinteresse sia traducibile in una sorta di sfida verso il mondo adulto: sa che la scuola potrebbe ricevere sovvenzioni grazie ai voti che potrebbe ottenere dai test nazionali ma pare che si rifiuti di… impegnarsi. Ecco!”

Volta pagina e ferma il dito ringrinzito sulla faccia dell’Artista, quello che durante le mie prime supplenze disegnava sul diario anziché ascoltare la mia lettura ad alta voce.

Filippo Martini, non parla, non perché non lo sappia fare ma perché non vuole” Non specifica oltre e mi fissa, io sostengo il suo sguardo e per un attimo pare che mi stia rivoltando l’animo come un calzino. Dal canto mio ho già incrociato le braccia al petto.

Gira ancora pagina e questa volta appare il volto della ragazzina con gli occhiali che mi incitava a leggere perché curiosa di sapere come procedeva il libro “Rachele D’Este, ripetente, ha grosse difficoltà a leggere a voce alta e ortografia pessima, quasi illeggibile” Continua a fissarmi come farebbe un gufo e per un attimo mi pare che ruoti il capo in maniera innaturale, come farebbe per l’appunto un gufo, di notte, dal ramo di un sinistro albero. La mia gamba destra si è mossa nel gesto inequivocabile di voler scavalcare l’altra ma riesco a trattenermi.

Gira ancora pagina, un’altra ancora e poi ancora fino a fermarsi su una e puntare l’indice verso la fototessera di un alunno che occupava insieme al “branco” le ultime file.
Alessandro Dell’Asta, una testa calda. Beccato più volte a fumare spinelli nei gabinetti della scuola”. Ecco, ho accavallato le gambe e neanche mi sono reso conto. Il Preside allunga il collo e per un attimo mi pare di vedere la rugosa tartaruga millenaria del film “La Storia Infinita”.





“Sono curioso di vedere perché tutti questi ragazzi, apparentemente disinteressati alla scuola e al loro futuro abbiano lottato così tanto per averla come insegnante.” Stringe gli occhi in uno sguardo carico di sfida “Ho dovuto oliare parecchi burocrati, all’Ufficio Supplenze, per avere Lei e solo Lei Tappapuchi, facendo chiudere più di un occhio sulla graduatoria”. Senza rendermene conto piego in avanti la schiena come se sentissi addosso tutto il peso della situazione nella quale mi sto andando a infilare, anzi dove  già sguazzo!

“Mi sorprenda Tappabuchi o se ne pentirà amaramente…” il suo tono e serio, la voce cavernosa, gli occhi ora spalancati come quelli di chi ha appena lanciato un anatema verso un’ignara vittima. Poi sorride sfumando i lineamenti tesi del volto in un’espressione bonaria ed esclama “Benvenuto nella nostra Scuola.”
Non posso che annuirgli nel più totale silenzio, in pieno imbarazzo e soggezione davanti a quella strana figura, mite e al tempo stesso inquietante.
Mi alzo tutto dolorante dalla seggiola, sciogliendo quel nodo umano che ero inconsapevolmente divenuto e dopo un cordiale gesto del capo provo a raggiungere la porta congedandomi con cortesia.
“Ah… Il Vice Preside Alessio M. Tioson La sta aspettando in corridoio, ha insistito per accompagnarLa personalmente in classe!”




Mentre guadagno l’uscita corrugo la fronte ripensando al nome “Alessio M. Tioson”.
“Non mi giunge nuovo… pare quasi un anagr…”
“TAPPABUCHI!”
La vocina stridula dell’uomo che mi attende fuori dalla presidenza mi fa sussultare. Alessio M. Tioson mi attende, dritto e rigido come un manico di scopa, interrompendo così le mie elucubrazioni. Alto e magro, stempiato al centro del capo, quasi una chierica perfetta circondata da arruffati e biondicci capelli. Viso scarno, zigomi sporgenti così come gli incisivi superiori, un paio di occhiali posti alla fine del naso aquilino, occhi azzurri e freddi.
Le labbra secche si tendono come corde di violino in quel che dovrebbe essere un sorriso di circostanza “Venga..” mi fa cenno con la mano di seguirlo, indicando il vecchio ascensore della scuola: la presidenza sta al piano terra mentre la mia aula al secondo piano dell’edificio.
Guardo con disgusto lo stretto abitacolo che, alla sola vista, fa riaffiorare in me il terrore per gli spazi angusti. Mi tocca accettare l’invito e deglutendo muovo passo verso l’ascensore. Solo allora mi pare di cogliere con la coda dell’occhio l’arrivo a scuola di Mister Iphone, il quale mi sorride per poi rabbuiarsi appena sposta lo sguardo sul Vice Preside.

Percezione di un attimo perché qualche istante dopo mi ritrovo dentro all’ascensore, solo in compagnia di Alessio M. Tioson che continua a sorridermi in quella strana maniera. Probabilmente non ricorda più come fare, a guardarle meglio, le sue labbra, sembrano sgretolarsi per lo sforzo continuo di mantenerle distese in uno sgraziato sorriso.
“Tappabuchi” l’ascensore parte lento e io mi sento già male.
 “Il famoso Tappabuchi!” Oddio ma quanto ci mette questo ascensore?
 “Il supplente che ha fatto breccia nel cuore degli alunni eh?” Il suo sorriso ora scompare e la bocca si storce in una smorfia di pura cattiveria. 
“Lo stesso che accetta le loro richieste d’amicizia su facebook..” Che ha detto? Ma ho capito bene?
 “Lo stesso che riceve in casa gli alunni e guarda un po’… poco dopo gli stessi mettono in scena questa ridicola protesta…” Dio salvami tu, ha pure mangiato aglio stamani, l’abitacolo ne è pregno.
“Lo stesso che mi deride sul Social trovando le mie proposte legislative sulla scuola curiose ed ironiche…”
Spalanco gli occhi, non solo perché realizzo chi sia Alessio M. Tioson, alias Alessio M. T. amministratore e leader del gruppo “LA SCUOLA AGLI INSEGNANTI” ma anche perché l’ascensore si è bloccato e noi non siamo giunti a destinazione.
“Lo fa spesso, capita con questi vecchi trabiccoli.” Dice il Vice Preside, pregustandosi la mia espressione di puro terrore quando capisco che siamo veramente bloccati, io e lui, un uomo con un alito assassino e con un nodo al dito medio per una faccenda in sospeso con il sottoscritto su Facebook.
Mi sorride nuovamente ma questa volta il suo sorriso è carico di perfidia, rinvigorito dalla mia paura che ha ben percepito.
Io taccio, non ho le forze per controbattere perché devo lottare contro la mia claustrofobia, con le palpitazioni a mille, i tremori per il freddo nonostante sia fradicio di sudore, la mancanza di ossigeno che mi obbliga a spalancar la bocca in cerca d’aria.
Aria pregna d'aglio, aggiungo!

Solo ora Alessio M. Tioson scopre le sue carte “Tappabuchi, son gli idioti come Lei a rovinare la scuola, con questa assurda idea dell’insegnante socratico e amico dell’alunno. Minchiate Tappabuchi!!” e mi sputa tutto ciò in faccia, avvicinandosi a me sempre più, così tanto da inspirare il suo fetido respiro, le minuscole goccioline di bava, riflesso della sua rabbia nei miei confronti, che precipitando dalla sua bocca si schiantano sul mio volto pallido.
“So che quello stronzetto di Macchiavelli Le dà man forte, ma saprò rimetterlo in riga” socchiude lo sguardo ceruleo sul mio incerto e che lotta per trovare un punto fermo dentro all’ascensore, che par ruotare  veloce su se stesso come  l’acqua mista al sangue sullo scarico della vasca del Bates Motel.




Alessio M. Tioson distorce il suo volto in una maschera ghignante e mentre cerco un appiglio per non perdere l’equilibrio, ormai in preda alle vertigini, sibila “Lei non sa in che guaio s’è cacciato, Tappabuchi! Le giuro che... TE ne pentirai amaramente idiota che non sei altro…” Ecco, passato dal “Lei” al meno rispettoso “Tu” in un batter di ciglia tanto per rendere più minaccioso il tutto.
In quel momento l’ascensore riparte e poco dopo giunge al secondo piano riaprendo i suoi battenti. Libero, sono libero, grazie Signore grazie!

Mi lascio cadere in avanti mentre Alessio M. Tioson non muove un dito per aiutarmi, dritto e fermo, ritorna a recitare la parte, nascondendo la sua vera indole dietro a quell’aria ligia e seria da bravo insegnante che aveva all’inizio del nostro incontro.
Poi non ricordo nulla, tutto diviene nero. Mi lascio cadere e l’ultima cosa che visualizzo è il volto di Mister Iphone che pareva attendermi fuori dall’ascensore e che allunga le braccia verso di me.



Sylvia Baldessari

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