EDUCAZIONE DIGITALE: intervista a Sonia Bertinat.


Ci addentriamo nella parte introspettiva del nostro viaggio dedicato all'educazione digitale: il tema di questa tappa è, ordunque, l'amore!
Inizia così una nuova fase di questo percorso, volta alla sfera emotiva e intrapsichica che, nella rete, viene ampiamente coinvolta e per questo meritevole d'attenzione.
L'amore, allora, che sa "smuovere l'universo", sarà il protagonista di questa intervista, insieme a Sonia Bertinat, psicologa e specialista della relazione, anche sul web.

Che l'amore possa superare certi confini è risaputo. Come si muova sul 2.0 è ancora tutto da scoprire... 


Buona lettura.



Il compleanno - Opera di Chagall




Benvenuta Sonia, ti va di presentarti brevemente ai lettori del mio blog?

Grazie Sylvia per l’invito graditissimo. Nella vita faccio la psicologa. Mi occupo di dipendenze da molti anni, di tematiche lgbt e da qualche anno dell’impatto dei new media sulla psicologia. Mi incuriosiscono le persone e il loro vivere nel mondo, funzionale o disfunzionale che sia. E per questo mi piace sempre stare al passo coi tempi, con le trasformazioni del mondo in cui viviamo. Sono approdata al web 2.0 pochissimi anni fa. Era il 2007. Ero molto spaventata. Aprii Facebook per poi richiuderlo subito terrorizzata dal non poterne controllare l’invasività. Poi, piano piano, mi ci sono affezionata e ora lo amo. Il web per me è uno spazio dove interagire ma anche dove osservare le dinamiche umane e sociali. 


Definizione, per te, di educazione. 


Amo molto l’etimologia delle parole, spesso può dirci molto sul loro significato avuto in origine e di come questo si è poi modificato o mantenuto inalterato nel tempo.
Una di queste parole è proprio EDUCARE. Sulla Treccani si legge “educĕre «trarre fuori, allevare», comp. di e-1 e ducĕre «trarre, condurre»”. Trarre fuori e condurre. Questa è per me l’educazione. Trovare le risorse interne di ognuno, aiutarlo a svilupparle, armonizzarle, e condurlo dove queste risorse lo possono condurre. Ben diverso dall’istruire che è un “mettere dentro”, un riempire. Non che sia negativo sia chiaro ma se non fatto in sinergia con l’educare rischia di diventare sterile indottrinamento. L’istruzione va amalgamata con le risorse di ognuno affinchè la si possa far propria. Educare vuol dire sollecitare e non imporre. E sarà il mio passato di educatrice (nella residenzialità psichiatrica dove il riattivare risorse sopite è fondamentale) ma questo entra quotidianamente nel mio lavoro.

Definizione di rete. 

Un mondo. Un mondo che ha molti punti in comuni con il mondo offline col quale si sovrappone seppur nella diversità dei medium. Ed altri punti che ne divergono, potenzialmente arricchenti o potenzialmente pericolosi a seconda dell’uso che se ne fa. La rete viene spesso associata al virtuale ma a parer mio non lo è in tutti gli aspetti. Il termine virtuale riporta al mondo irreale, della fantasia in cui tutto è lecito, tutto è possibile. Un po’ come nella nostra mente. Ecco la rete può essere vista come una mente globale, no una federazioni di menti tutte a disposizione nel medesimo momento. 


L'amore, in rete, vissuto dagli adulti e quello vissuto dai ragazzi: quali differenze? Ce ne sono davvero?

Bella domanda. No, non la prima. La seconda. Secondo me ci illudiamo che l’adultità porti a vivere diversamente l’amore in rete ma proprio perché si approda ad una dimensione per certi versi immaginale, spesso la ragione, l’esperienza viene lasciata fuori dallo schermo del computer. L’amore in rete esiste, nasce, a tutte le età. Ma temo (ed è solo una impressione, non ho dati alla mano) che in realtà siano proprio gli adulti a rischiare di più, a perdere la misura. Le relazioni in rete hanno molti aspetti della vita reale, suscitano emozioni e fantasie. Ma l’uso di uno schermo che da un lato mantiene la distanza e dall’altro ci fa sentire più a nostro agio e più pronti ad aprirci all’altro, può essere rischiosa. Soprattutto quando il virtuale diventa non solo una fuga dalle proprie difficoltà ma una fuga dalla propria realtà. Per i ragazzi lo vedo come un tentativo di arginare eventuali timidezze o insicurezze nell’approccio reale con un soggetto amato. Per molto spesso i ragazzi cosiddetti nativi digitali usano la rete come aggiunta integrante della realtà reale. L’identità fluida, in costruzione degli adolescenti permette di vivere in modo più agevole le differenze dimensionali. Certo questo ha effetti rischiosi nel momento in cui si stabilizza una identità virtuale vissuta come più vincente o quando ovviamente si incorre in adescamenti da parte di adulti che giocano sul desiderio dei ragazzi di sentirsi grandi.
Per gli adulti ci vedo, oltre questo, un rischio di investimento maggiore. Un viverla come dimensione separata, ideale in cui è tutto perfetto a differenza della realtà in cui vivono. Si rischia una scissione maggiore tra l’Io reale e l’Io virtuale e sappiamo che è l’integrazione delle parti la base per una buona relazione con se stessi e con gli altri.
Le relazioni virtuali, senza ritorno nel reale rimangono relazioni tronche. Manca il contatto fisico, il ridimensionamento dell’immaginale con il tangibile.
Ma sembra che io ci veda solo aspetti negativi. Non è così. Sia per gli adulti sia per i ragazzi può essere un modo per poter esprimere se stessi in un modo migliore che nella realtà. Un passaggio per poter incontrare l’altro spazzando le paure che l’incontro può creare. Oltretutto la disinibizione mentale che lo schermo permette fa si che spesso si conosca una persona meglio in rete che nella realtà, e forse in tempi più ridotti.
Questo a patto di portare in rete e incontrare in rete le persone “reali” e non le proiezioni fantasmatiche dei loro alter ego. In questo caso l’incontro è fasullo. Non meno piacevole, ma ingannevole. Per se stessi e per gli altri.






Cosa si può imparare sull'amore, in termini di relazione affettiva, navigando in rete? 

Ah moltissimo! Se siamo qui è perché sappiamo quanto io ami la rete e l’analisi delle dinamiche umane che vi si giocano. Le persone per certi versi mostrano, da un punto di vista psicologico, il loro vero essere, anche quando mostrano una immagine di sé fasulla, anzi forse soprattutto. Ci dice molto dei bisogni relazionali delle persone, delle insicurezze, dei timori che l’incontro con l’altro suscita. Il rischio delle relazioni virtuali è che abbiano una intensità decisamente maggiore di quelle reali a livello emotivo ma che ci sia una facilità maggiore nell’interromperle. D’altronde basta cancellare il contatto e la relazione è finita. Sono relazioni adrenaliniche. Questo ci dice molto anche sulle relazioni offline. Sulle difficoltà di gestire relazioni in cui i picchi adrenalinici non arrivano a tanto, in cui bisogna costruire e condividere la quotidianità. Con i pazienti che mi portano l’esperienza di relazioni virtuali, oltre ad approfondirne il senso, ovvio, lavoro sempre sulla migrazione sul reale della relazione. Non tanto perché si debba concretizzare in una relazione stabile ma per evitare la fantasmizzazione della relazione che rimanga ancorata al piano ideale portandoci lontano. Questo sia coi ragazzi che con gli adulti. Ma le difficoltà maggiori le incontro con gli adulti. Portare la relazione sul piano reale comporta un rischio. La perfezione del virtuale può venire intaccata dal passaggio tra le atmosfere. E questo rischio spaventa e a volte porta a scegliere di mantenere il solo piano virtuale, perché se lo spostamento nel reale delude, si perde anche quel piano.

Rivendicare il diritto di amare ed essere amati: quale ruolo gioca oggi il web? 

Certo è un diritto ma non credo lo si possa rivendicare. Ma costruire. Sembra una frase fatta ma troverò chi mi ama se ho imparato ad amare me stesso. Se non ho una alta stima di me rischierò di trovare persone che non mi stimano o che mi riconfermano che tale percezione è corretta. In questo il web può avere un effetto simile al reale e farci incontrare le stesse persone che incontrerei offline o può fornirci una possibilità. Farci conoscere per i nostri aspetti migliori (non fake, migliori) perché ci si sente meno soggetti al giudizio altrui. E a forza di “giocare” (nel senso di to play) i nostri punti di forza forse li ampliamo e li rendiamo più stabili cosicchè si arrivi ad affrontare in altro modo le relazioni reali. Se una persona online trova interessante il nostro modo di pensare, i nostri punti di vista (che magari nel reale non osiamo nemmeno esporre) allora cominciamo a crederci. Il virtuale a volte è uno specchio in cui possiamo riflettere (e su cui riflettere) noi stessi per guardarci da un punto di vista diverso. 
Spesso le maschere che indossiamo nel reale sono quelle di cui ci spogliamo nel virtuale, stupendo anche noi stessi.

Il corpo in rete: quale confine tra emozione digitale e quella reale? Come il web può educare all'amore emozionale e fisico?

Come ho detto prima, questo è il grosso limite del web. Non c’è il corpo. Anche nel caso della presenza video, non c’è il corpo ma la sua immagine. Mancano il tatto, l’odorato, il sentire l’altro. Le emozioni ci sono, eccome! Ma sono emozioni di testa, cerebrali. Non basate dalla sensazione corporea. Le emozioni ovviamente sono le stesse: gioia, eccitazione, rabbia, delusione, ma sono date dallo scambio di pensieri non da un contatto corporeo. Il web in questo può farci scoprire emozioni sopite o represse permettendoci di scoprire qualcosa di noi. Ma mancherà sempre il contatto corporeo. Anche pensando alle esperienze di cyber sex per estremizzare, sarà comunque un provare sensazioni ed emozioni mediato. Sul come superare questo gap purtroppo non ho una risposta. L’assenza del corpo è uno dei grossi temi che stiamo dibattendo nell’ambito della professione parlando di relazione terapeutica online. Per l’amore temo che il discorso sia ancora più complesso. 

Per te, quale immagine, film o citazione rappresenta oggi l'amore 2.0? 

Uh che domanda difficile! Mi viene in mente il film che per primo forse ha trattato il tema, “C’è posta per te” dove il reale in realtà interferisce nell’incontro che viene realizzato via mail (mezzo arcaico ormai vero?). 





Sul mio blog ho scritto invece di due film che pur non trattando di web narrano molto bene i meccanismi dell’amore virtuale, quell’amore che non osa uscire dal piano fantastico, appagante e senza rischi. Sono Ruby Sparks  e Il fantastico mondo di Amélie. Pur non trattando di web secondo me sono un ottimo esempio di come le relazioni fantasmatiche possano assumere carattere negativo, non propulsive per lo sviluppo della personalità ma limitanti e rinforzanti le difficoltà relazionali. 







Le relazioni virtuali <<Non sono nocive, negative o pericolose di per sè. Conservano in sè però il rischio di venire idealizzate ed astratte dalla realtà al punto in cui l'altro perde la propria individualità per diventare mero ricettacolo delle nostre proiezioni. A quel punto non ci relazioniamo più con un'altra persona, ma con parti di noi stessi proiettate in lei in misura decisamente amplificata rispetto a ciò che succede normalmente in una relazione vissuta. Solo ritirando dall'altro l'eccessiva proiezione di nostri desideri, aspettative e idealizzazioni possiamo renderlo libero di esprimersi per quello che è, libero di relazionarsi con noi per quello che è. Solo facendo questo lo incontriamo veramente.>>
(Sonia Bertinat)


Sonia Bertinat


Siamo alla fine di questa intervista: ti va di parlare dei tuoi progetti futuri?

Ah sono piena di progetti! Sono in progettazione costante. Spero con risultati concreti e non relegati nel fantastico per rimanere in tema. Sto cercando di portare avanti due filoni di progetto professionale: uno sulle tematiche di questa intervista e sul web in generale e l’altra sulle tematiche LGBT con la mia associazione con cui stiamo organizzando un convegno a fine anno che dovrebbe dare il via ad altri progetti di formazione nel campo. Ciò che lega tutti i progetti è una mia forte convinzione sull’utilità di fare rete, di condividere, di collaborare. Mai rimanere chiusa nel mio orticello che diventerebbe arido e infertile senza l’apporto altrui. Ho una formazione a indirizzo junghiano dove, per sintetizzare, è importante integrare le parti, accogliere quelle più in ombra e amplificare per avere una immagine più estesa della situazione. 


Ringrazio Sonia per questa intervista.
Sul suo blog, Identità in gabbia, troverete tutti i suoi articoli e tutte le informazioni relative al convegno e alla sua professione.


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Elisa Benzi -Cittadinanza digitale
Roberto Gerosa Riflessione sui Social
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