Bullismo, nel web per il web.


Può capitare che con un click, dal proprio computer, si veda un filmato amatoriale, girato con un comune cellulare, di un pestaggio da parte di giovani pre-adolescenti all’interno di un locale di una qualsiasi scuola italiana ai danni di un compagno più debole.
Può anche capitare, dopo la visualizzazione, di soffermarsi sui vari commenti che le persone, per lo più coetanei degli autori del filmato, lasciano sotto a quest’ultimo, la maggior parte entusiasti per lo “spettacolo” appena goduto.
Capita che il video si propaghi in rete, da bacheca a bacheca, e chi di dovere  come un adulto responsabile lo veda e reagisca indignato.
Può capitare che, essendo il fatto avvenuto all’interno di un istituto scolastico, una volta reso pubblico e caduto sotto l’attenzione dei professori e del preside, la scuola decida di avvisare i familiari dei colpevoli e della vittima optando per una severa punizione per i primi e richiami per chiunque abbia, con suo sommo gaudio, assecondato la cosa anche con un semplice commento in rete (le parole sul web rimangono più di quanto si creda, sottovalutare questo oggi sarà fonte di grattacapi domani come pare sia effettivamente accaduto).
Può capitare che, davanti a tale decisione, i genitori dei giovani colpevoli di questo atto di bullismo cerchino di giustificare i figli o giungere addirittura ad una forte contestazione della punizione ritenendola esagerata (forse trattasi di una “ingiusta” sospensione da scuola per tot giorni?).
Può anche capitare che quegli stessi genitori, messi davanti ad una probabile connessione tra quanto successo ed il possesso di un cellulare dotato di una tecnologia che permetta la creazione e la divulgazione sul web di immagini e filmati da parte di ragazzini poco più che bambini, neghino qualsiasi responsabilità come se il tutto non fosse stato progettato proprio per la rete, come se quel telefono avesse magicamente avviato una registrazione video prima che il pensiero di mal menare un compagno, debole e disagiato, balenasse dentro a teste acerbe ma nonostante ciò proprietarie di apparecchi di un valore economico pari quasi la metà di uno stipendio mensile di un impiegato.
Potrebbe capitare di sentire questa storia da un’amica che l’ha vissuta in quanto insegnante.
Ma potrebbe anche essere una storia inventata.
Nel caso fosse reale ciò che mi viene da pensare, vista la reazione di questi genitori, è il perché si permetta di far usare ai figli telefonini di un certo genere ma, soprattutto, lasciare che li portino a scuola.
Non basterebbe un semplice cellulare senza connessione wi-fi e fotocamera per chiamare in caso di emergenza?
Mi verrebbe anche da pensare che, se quanto descritto fosse vero, il sistema profondamente in crisi non è la scuola, come da anni si sbandiera, ma piuttosto la famiglia come struttura sociale posta alla base della comunità in cui si vive, completamente allo sbando, incapace di trasmettere i valori fondamentali e civili necessari per una sana convivenza e crescita personale, incapace di porsi domande anche scomode e di mettersi in discussione, preferendo definire i ruoli genitoriali più con la trasmissione di un “Avere” da mettere in mano al figlio piuttosto che un “Essere” come scelta esistenziale consapevole.
Se tutto questo fosse vero mi chiederei come attuare questa riforma della famiglia, se può essere possibile una cosa del genere, una sua messa in discussione, un restyling ai tempi odierni, quel miglioramento che divenga poi  la miccia di un conseguente cambiamento, di riflesso, della scuola.
Può capitare di fare questi pensieri proprio quando la sicurezza e la aggressività nei Social divenga dibattito infuocato: c’è chi richiede leggi ferree, chi la costituzione di un’etica al virtuale per preservare quel diritto alla libertà di pensiero che molti vedrebbero ridotto a causa di un comportamento scorretto d’altri.
Se siamo arrivati a questo punto, forse, anziché cercare papabili capri espiatori lontani dovremmo guardarci allo specchio, avere il coraggio di farci anche le domande scomode e trovare in noi le risposte.
Le leggi disciplinano ma non portano ad un cambiamento epocale: questo è il compito di quei due gran pilastri sociali che son famiglia e scuola.
“La famiglia [...] è l’area in cui l’individuo si adatta o non si adatta a vivere in società, nella quale costruisce la sua ostilità o integrazione nel sistema sociale.”
Queste parole sono di Sabino Acquaviva giornalista, scrittore e sociologo italiano.



Articolo pubblicato su TuttoPerLaMamma.it

Sylvia Baldessari

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