EDUCAZIONE DIGITALE: Intervista a Roberta Zanella.
Oggi vi propongo la terza tappa di questo viaggio su educazione e web: dopo Elisa Benzi con la sua cittadinanza digitale e Roberto Gerosa, esperto di Social Media con la sua riflessione attorno alla rete, cercheremo ora di approfondire il tema sul linguaggio del web lasciando parola a Roberta Zanella.
Buona lettura.
Benvenuta Roberta, ti va di presentarti brevemente ai lettori del mio blog spiegando di cosa ti occupi in rete?
Ciao Sylvia, in rete mi occupo di “comunicazione” a 360°,
dalla pianificazione dei mezzi alla gestione dei contenuti. Un lavoro che ho
sempre fatto dalla laurea in Antropologia in poi. Sono partita con il
copywriting tradizionale su carta per approdare a webwriting e social content.
Da qualche anno collaboro con l’azienda Schola, casa editrice veneta che
distribuisce materiale scolastico da più di cinquant’anni. Qui mi occupo di
gestione clienti, formazione digitale, lancio del registro elettronico su
piattaforme dedicate e contenuti - dalla brochure al manuale utente; dal sito
Internet alle piattaforme social; dalle slides alla formazione online. Schola è
un’impresa a gestione famigliare, ma dall’anno scorso ho preferito un contratto
a progetto per avere la libertà di gestire altre collaborazioni. Cose strane.
La parola “educazione” ha un’etimologia che farebbe tremare
i più; deriva, infatti, dal latino “e-ducere” trarre/condurre fuori. E-DUX ha
un che di autoritario… Non trovi? Nel suo significato originario, questa parola
prevede un rapporto di subordinazione abbastanza netto tra “discepolo” e
“insegnante di vita”. Mi vengono in mente le regole rigide a cui i nostri
genitori – e prima di loro i nostri nonni - erano sottoposti a scuola e in
famiglia non più di trent’anni fa. Educare significa “tirare fuori l’uomo
dalla sua natura rozza, stabilendo abiti di buona creanza e moralità”.
Insomma, ognuno di noi nascerebbe come un diamante nudo grezzo; i nostri
“educatori” avrebbero il compito di plasmarlo secondo regole precise, (ri)
vestendolo di “leggi” che hanno a che fare più con l’anima che con la società.
Anche se poi il comportamento errato, ovviamente, si ripercuote sulla società
stessa e il cerchio si chiude. Credo che oggi la parola “educazione” sia un po’
variata e vedo la famosa “regola” leggermente sfumata. Si tende più alla
seconda definizione di “aiutare con disciplina a mettere in atto le buone
inclinazioni dell’animo e le potenze della mente”. Ognuno nasce con
delle caratteristiche che, attraverso l’educazione e la disciplina, dovrebbero
essere esaltate. Se da un lato penso che in alcune situazioni ci vorrebbe più
“polso”, dall’altro sono convinta che l’omologazione non sempre sia buona
educazione. Il limite tra “perbenismo/buonismo” e “bontà d’animo” – intesa
anche come inclinazione – è spesso labile. Il giusto mezzo, al solito, sarebbe
il TOP.
Definizione di rete.
Definizione di rete.
Per definire la rete, bastano tre sinonimi: connessione,
interazione e scambio. Vivere la
rete, infatti, significa connettersi, interagire e scambiarsi informazioni. Per
“fare rete”, poi, bisogna anche condividere una causa/opinione, aiutarsi
con filosofia meritocratica ed evitare di ripetere i meccanismi “a circolo
vizioso” tanto comuni offline [che io combatto da sempre a costo di
risultare antipatica]. La rete è una buona occasione da vivere in modo
cosciente: non facciamocela scappare con “rimbalzi di favori” e mancanza di
opinione personale.
La rete vissuta dagli adulti e quella vissuta dai ragazzi secondo la tua opinione.
La rete vissuta dagli adulti e quella vissuta dai ragazzi secondo la tua opinione.
Credo che i ragazzi vivano la rete semplicemente come un
“mezzo”, non riconoscendo – spesso – i pericoli e le potenzialità che comporta
farne parte. Vivono dentro lo schermo, costruiscono la loro immagine,
condividono stati d’animo e gusti, si portano sempre gli amici con sé.
Replicano stereotipi, atteggiamenti e mode... Ma sinceramente, chi non l’ha
fatto a quell’età? Non lo trovo più
grave di mia madre che urlava: “Vestita così non esci!” Certo io disubbidivo,
ma i miei vestiti non erano in world wide: questa è una delle tante
differenze che bisogna sottolineare. Poi ci sono ragazzi che sfruttano la rete
per condividere passioni musicali, abilità manuali, gusti letterali: non sono
tutti uguali. Per quanto riguarda gli adulti, beh… Stanno cercando di adeguarsi
al nuovo modo di comunicare e anche loro non colgono sempre la potenzialità
globale. Tutti vivono la rete; in pochi la conoscono nei dettagli.
Capita così che ci sia un abuso dell’opinione, un approfitto delle credenze e
un uso sbagliato dei mezzi. Certo oggi tutti sappiamo tutto su tutto e possiamo
esprimere il nostro parere. Dimenticando un altro elemento fondamentale
dell’educazione: il rispetto dell’opinione altrui.
Con quale linguaggio si comunica, oggi, in rete?
Con quale linguaggio si comunica, oggi, in rete?
Un linguaggio contaminato, in cui il limite tra testo,
immagine e video è intrecciato. I mezzi per esprimere le famose “abilità
dell’animo” – tornando all’etimo di “educazione” – sono davvero infiniti. Per
questo motivo trovo che il sistema scolastico stia perdendo una grande
occasione per “allenare il cervello del nativo digitale”; ma in questo Paese le
lobbies sono tante. Prima bisogna abbattere quelle.
La parola, anche quella scritta, educa: quali sono le modalità di scrittura che oggi dominano in rete e che idea ti trasmettono?
![]() |
Copywriter-Input il blog di Roberta Zanella |
La parola, anche quella scritta, educa: quali sono le modalità di scrittura che oggi dominano in rete e che idea ti trasmettono?
La parola educa, ma in rete non sempre. Si tende al
linguaggio semplice, breve, scarno e spesso ci si dimentica coerenza e
precisione. Vanno alla grande concetti
condivisi – i buoni vecchi “luoghi comuni” del testo pubblicitario – che
affondano le radici nella banalità, ma tirano su centinaia di like.
Popolari sì, ma cosa aggiungono? Dov’è il coraggio dell’opinione? Ok il personal
branding, ma non dimentichiamoci che siamo persone con una
responsabilità su quello che scriviamo. Scripta manent. Ti
faccio un esempio veloce: leggo mille post in cui ci si lamenta dei “lamentosi”
– scusa il gioco di parole; eppure, è proprio nella lamentela adolescenziale
che spesso si coglie un disagio. Le parole hanno un peso: quelle che non ne
hanno uno specifico, si spera, volino via come il vento. Altra tendenza molto
comune è quella di psico-analizzare… Anche là starei attenta. E facendo un
discorso prettamente “commerciale” direi che l’espressione del target è
fondamentale per capirlo a fondo. Approfittarne senza sparare banale. Il linguaggio della rete è lo
specchio della rete: complesso, vario, breve, non sempre chiaro.
L’esigenza è quella di attirare le persone sui contenuti, leggere i loro, farci
conoscere, conoscere gli altri. Passiamo in rete tanto tempo, ma ne dedichiamo
poco all’ascolto - che per comunicare bene è fondamentale. Al solito, poi,
dobbiamo fare lo sforzo di leggere fra le righe e di mantenere altissimo lo
spirito critico. Guai se non ci fosse in questo flusso continuo d’immagini,
suoni e parole.
Quale linguaggio, il web, dovrebbe assumere perché educhi a un suo uso consapevole?
Quale linguaggio, il web, dovrebbe assumere perché educhi a un suo uso consapevole?
Il linguaggio delle persone a cui si rivolge. Un linguaggio,
come ho già accennato, contaminato: testo, video, immagine. Tutto serve per far
capire bene il concetto finale.
Siamo alla fine di questa intervista: ti va di parlare dei tuoi progetti futuri?
![]() |
Roberta Zanella |
Siamo alla fine di questa intervista: ti va di parlare dei tuoi progetti futuri?
Ah! Sono tanti. Ovviamente
continuerò a lottare per la digitalizzazione scolastica con formazione e lancio
del software elettronico; e includerò tra i progetti aziendali anche
l’educazione digitale con "Il Lato Oscuro del web" di Katia d’Orta. Mi occuperò di
comunicazione a 360° dentro e fuori la mia azienda. Scriverò sul blog e – ancora quando non lo so – organizzerò
un sito personale che racchiuda tutte le mie attività. Collaboro con agenzie
pubblicitarie e non smetterò di certo. E poi nel 2016 spero vada in porto un
grande progetto su cui punto tantissimo, che ha un po’ a che fare con tutto –
ma proprio tutto – quello che ho detto. Incrociamo
le dita, ma comunque… Direi che non mi annoio
Commenti
Posta un commento